Drssa Afrodita Alexe
Cos'è la Sindrome dell'Intestino Irritabile? la definizione dell'IBS
La Sindrome dell'Intestino Irritabile fa parte di un gruppo di condizioni patologice e disturbi funzionali dell'apparato digerente (come anche la dispepsia, il dolore addominale cronico ed a.)
Individuata e classificata per la prima volta da J.M. Da Costa nel 1871, con il nome di enterocolite membranosa, la SII fu meglio definita da H.Bockus nel 1929 come ‘’una serie di disturbi persistenti dell’alvo intestinale, che non dipendono da alcuna lesione o patologia conosciuta’’.
In seguito, fu redata una definizione più precisa utilizzando i criteri diagnostici condivisi a livello internazionale (Roma III):
La IBS è una condizione di infiammazione intestinale caratterizzata da dolore o disagio (sensazione sgradevole non descrivibile come dolore) addominale ricorrente per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi, che migliora sostanzialmente dopo l’evacuazione e che può essere associato ad un cambiamento della frequenza di emissione fecale e/o a modifiche sostanziali nella forma, aspetto e consistenza delle feci.
Dal 2016, la Fondazione di Roma per i disturbi funzionali ha ribattezzato questi ultimi come Disturbi dell’Interazione Intestino-Cervello ed ha rivisitato le linee-guida di diagnosi, cura e prevenzione delle riacutizzazioni affinando i criteri delimitanti (Criteri di Roma IV per la diagnosi di IBS da: Lacy et al. 2016; mod.).
In base alla sintomatologia, si differenziano 4 tipi di IBS (anche se non sono rari i casi in cui si passa da un quadro clinico ad un altro in un arco temporale e per cause non classificabili):
- - Sindrome dell’intestino irritabile con stipsi prevalente
- - Sindrome dell’intestino irritabile con diarrea prevalente
- - Sindrome dell’intestino irritabile con alvo alterno
- - Sindrome dell’intestino irritabile inclassificata
Incidenza e quadro epidemiologico della IBS: le statistiche nel mondo e in Italia
La IBS fa parte del gruppo dei disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI), con una prevalenza di più del 10% nella popolazione globale: più colpiti i Paesi industrializzati, più soggette le donne (il doppio degli uomini); tende ad esordire in età giovane (ragazzi e giovani adulti), mentre è raro ma non assente l’esordio in età adulta (over 40 anni).
L’andamento della IBS è cronico, con attacchi sintomatici ricorrenti ad intervalli irregolari e dovuti a cause scatenanti non sempre facilmente inquadrabili o riconoscibili.
In Italia le statistiche parlano di un'incidenza molto alta: circa il 10-20% della popolazione giovane-adulta - con incidenza doppia nelle donne - ne accusa i sintomi, si rivolge allo specialista per approfondimenti e per la diagnosi differenziata con protocolli di cura non sempre di facile soluzione .
Anche se le cause di questo disturbo sono di natura funzionale (cioè non collegabili ad un difetto organico, con tutti i test diagnostici risultati negativi), la grande maggioranza delle persone affette presentano gli stessi sintomi, spesso accentuati o peggiorati, a lunga distanza nel tempo.
Ciononostante, la IBS rimane ancora oggi un disturbo sottovalutato e poco curato, per la variabilità dei metodi e criteri diagnostici la quale influisce in seguito sulla linea terapeutica inducendo grandi differenze nei protocolli di cura, a corto come a lungo termine.
Le cause e fattori di rischio della IBS
La IBS non è attribuibile a una precisa causa organica; con gli esami e test di laboratorio, esami radiologici, analisi anatomo-patologiche non si possono rilevare danni o disturbi d’organo.
Da sempre, questa condizione patologica è considerata ad eziologia doppia, psicosomatica e da alterazioni fisiologiche: alcuni fattori - psicologici, emotivi, alimentari - possono scatenare gli episodi acuti o peggiorarne uno già in atto (lo stress, le forti emozioni, l'ansia, la depressione, la mancanza cronica di sonno rappresentano dei trigger per la sintomatologia acuta di IBS).
Le alterazioni fisiologiche si riferiscono a disturbi della motilità intestinale o ipersensibilità viscerale: alcuni fattori esogeni, come gli alimenti, i farmaci, l’accumulo di tossine, possono aumentare l’ipersensibilità viscerale inducendo un’esagerata percezione della distensione addominale, indipendentemente dal volume di gas e liquidi nell’intestino, percezione tradotta per dolore.
L’alimentazione gioca un ruolo importante sia come fattore scatenante di un episodio acuto sia come fattore cronicizzante: le cattive abitudini alimentari e la costante introduzione di alimenti che inducono stato di infiammazione intestinale per lento accumulo di tossine o per progressiva non digeribilità possono peggiorare i sintomi della IBS a lungo termine;
Alimenti con maggiore effetto irritante sulla mucosa intestinale soprattutto se assunti ripetutamente o in grandi quantità - possono essere:
- spezie, cioccolato, caffè, tè, latte;
- bevande alcoliche;
- legumi come fagioli, piselli;
- verdure come cavolo, broccoli, cipolla, cetriolo;
- frutta con semi come fragole, kiwi ma anche pera, prugna, pesca;
- bevande zuccherate/gassose/fermentate come coca-cola, sprite, birra
I dati raccolti sull’iper-reattività intestinale indotta dagli alimenti non sono facilmente quantificabili ovvero si può generalizzare fino ad un certo punto: oltre ciò, la reattività verso gli alimenti diventa strettamente individuale e correlata allo stile di vita personale.
Risulta importante quindi determinare la presenza di uno stato infiammatorio silente a livello dell’intestino, che si può sovrapporre alla IBS e far precipitare in fasi acute sempre più intense e durature.
Nelle donne, le fluttuazioni ormonali possono incidere sulla motilità intestinale (come ad esempio l’aumento della sensibilità rettale durante le mestruazioni).
Segni e sintomi della IBS: le manifestazioni più comuni
La Sindrome dell’Intestino Irritabile è un disturbo cronico, la cui diagnosi si basa sull’osservazione dei segni e sintomi nel tempo, accertando la frequenza e l’intensità degli episodi di riacutizzazione.
I sintomi principali e più comuni della IBS sono:
-- emissioni di muco dal retto, eccessivo meteorismo, eccessiva flatulenza
La diagnosi: quali analisi del sangue ed esami si eseguono per IBS?
Gli esami diagnostici per la IBS comprendono
-- le analisi del sangue (emocromo, VES, proteina C reattiva, transaminasi, funzione tiroidea e calcemia soprattutto per i pazienti con diarrea come segno clinico dominante);
-- tTG-IgA/IgG e EMA (anticorpi anti-transglutamminasi e anti-endomisio) per la diagnosi differenziata di celiachia
-- l’esame completo delle feci (parassitologico; sangue occulto; dosaggio calprotectina)
-- indagini più approfondite come colonscopia o sigmoidoscopia flessibile possono essere indicate dal medico per accertare ulteriormente il quadro clinico.
Nella diagnosi della IBS si devono escludere le malattie che possono indurre sintomi simili, come la celiachia, l’intolleranza al lattosio, malattie infiammatorie intestinali, diarrea indotta da farmaci, gastrite o enterite batterica, malattie parassitarie (giardiasi, teniasi); da valutare anche l’eventuale presenza dello stato di ipotiroidismo o iperparatiroidismo.
Cenni di corretta alimentazione nella cura della sindrome dell'intestino irritabile
Il primo passo per ridurre la sintomatologia nella Sindrome dell'intestino irritabile consiste in cambiamenti effettivi nello stile alimentare, osservando alcune regole di base:
- -fare pasti regolari assumendo i cibi in associazione idonea, dedicandovi un congruo tempo ed evitando di fare pause troppo lunghe tra i pasti
- -ridurre l’assunzione di bevande alcoliche e di bevande gassate/zuccherate o con aggiunta di edulcoranti
- -limitare l’assunzione di caffè e tè fino ad un massimo di 3 al giorno
- -bere acqua e bevande non zuccherate (ad es. tisane) in quantità idonea per la reidratazione corporale: dal 2% al 4% del totale peso corporeo al giorno
Insieme alle modifiche nello stile alimentare si dovranno attuare anche cambiamenti per combattere la sedentarietà e lo stress quotidiano: fare attività fisica in base alle proprie esigenze, capacità ed inclinazioni; ritagliarsi momenti di relax e utilizzare al meglio il proprio tempo libero.
Data la lunga lista degli alimenti triggers (cioè che possono scatenare un episodio acuto di SII), può essere difficile venirne a conoscenza per limitarne il consumo; in questo, possono aiutare le diete ad esclusione/reinserimento dei cibi sospettati, sotto la guida del dietologo/nutrizionista.
Le Indicazioni alimentari specifiche
Il regime alimentare si personalizza iniziando dalla differenziazione del sintomo principale, la stipsi o la diarrea.
In caso di Sindrome da colon irritabile con prevalenza di stipsi, l’indicazione di base è aumentare l’assunzione di acqua e di alimenti ricchi di fibre, prediligendo le fibre solubili (contenute maggiormente nei legumi, nelle verdure e nella frutta) e riducendo l’introito di fibra insolubile (cereali integrali, farine integrali o ad alto contenuto di fibre insolubili, crusca); è consigliato ridurre l’assunzione di amidi resistenti, che si trovano spesso nei cibi precotti e preconfezionati, per limitarne il carico nel colon. Può essere utile l’assunzione di integratori a base di fibre solubili come l’inulina, il glucomannano, lo psillio: agiscono per effetto emolliente e protettivo sulla mucosa intestinale, con azione lassativa meccanica del tipo ‘’bulk forming’’. Inoltre, possono essere utili integratori di fermenti lattici quali lactobacilli e bifidobatteri, necessariamente ceppi formatori di colonie e ceppi transienti ‘’amici’’.
In caso di Sindrome da colon irritabile con prevalenza di diarrea, bere acqua in quantità è fondamentale, per sopperire alla perdita con le feci; anche se a volte si osserva una diminuzione parallela di assorbimento dei liquidi a livello del colon, dovuta alla diarrea stessa. L’assunzione di cibi contenenti fibre dovrebbe essere contenuta, prediligendo gli alimenti ricchi di fibra prebiotica per l’effetto positivo sulla consistenza delle feci.
Nell’adottare una dieta opportuna, alle indicazioni di base si aggiungono quelle specifiche per ogni quadro clinico presentato, fornite dall’esperto nelle scienze dell’alimentazione (dietologo, nutrizionista ecc), che indicherà eventualmente altre indagini di approfondimento, le diete di esclusione/rientro degli alimenti, nonché la sequenza del follow-up (i richiami di controllo della dieta nutrizionale seguita).
Come esami di approfondimento, spesso si eseguono i test delle intolleranze alimentari per rilevare il grado d’infiammazione indotta dal cibo; risultano utili per stabilire una diagnosi differenziata tra le varie manifestazioni della disbiosi intestinali (ad esempio tra la stipsi dieta-dipendente e la sindrome da colon irritabile psicogena), per evidenziare l’alimento od il gruppo di alimenti triggers (scatenanti l’infiammazione), per stabilire la giusta sequenza nell’arco temporale della dieta stabilita ecc.
La farmacia Pelizzo, già nota come storica farmacia di turno ad Udine in quanto aperta 7 giorni su 7 con orario continuato, pone a disposizione degli utenti il reparto Prevenzione ed analisi, tutti i giorni della settimana dove si possono richiedere oltre le analisi del sangue di prima istanza anche esami specifici come il Recaller 2.0 Test per l’Infiammazione indotta da alimenti con componente genica e il GLYCO Test dell'infiammazione indotta da zuccheri, con rilevazione dei biomarkers specifici e con redazione del Profilo alimentare individuale ed il Piano di recupero dela tolleranza e reintegrazione alimentare: indicazioni per l’attuazione della dieta a rotazione e reinserimento graduale degli alimenti con consigli specifici riguardo al bilanciamento dei pasti e l’equilibrio nell’assunzione.
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Approfondimenti e fonti essenziali
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/
researchgate.net
*Linee guida per la gestione della sindrome dell’intestino irritabile negli adulti: A. Cartabellotta, A.L.Patti, F.Berti; Evidence 2016;8(1): e1000130 doi: 10.4470/E1000130 28/01/2016
*Efficacy of individualised diets in patients with irritable bowel syndrome: a randomised controlled trial: Ather A.,Weiss T.R. et all
//dx.doi.org/10.1136/bmjgast-2017-000164