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15 Maggio 2019

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Dr.ssa Afrodita Alexe

Cos'è la celiachia e come si definisce?

Nel grande gruppo delle reazioni avverse al cibo, troviamo una categoria particolare che negli ultimi 3 decenni è stata oggetto di intensi ed approfonditi studi scientifici su larga scala e che sono tuttora in costante sviluppo sull’argomento; si tratta del gruppo delle patologie correlate all’esposizione al glutine, ad oggi suddiviso in 4 tipologie primarie:

-- la malattia celiaca-celiachia;

-- la sensibilità al glutine non celiaca-SGNC;

-- l’allergia al grano;

-- la dermatite erpetiforme.

Le definizioni della celiachia (intolleranza al glutine)

La celiachia, chiamata anche malattia celiaca, è un’enteropatia infiammatoria permanente, con tratti di auto-immunità, provocata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. *

Più in dettaglio, si tratta di una patologia cronica sistemica su base genetica con interessamento prevalente dell’intestino su cui mucosa induce danni istologici più o meno estesi e di varia intensità in relazione temporale, per via di reazioni avverse immuno-mediate scatenate dall’ingestione di alimenti contenenti glutine.

La malattia celiaca è inclusa nell’ambito delle malattie d’interesse sociale…e in quanto tale è soggetta a certificazione di malattia da effettuarsi presso i Centri di riferimento e Presidi di rete regionale (esenzione RI0060).**

L’allergia al grano presenta le caratteristiche di tutte le altre allergie alimentari, con manifestazioni acute di tipo anafilattico (orticaria, angioedema, episodio asmatico acuto, dolore/crampo addominale, diarrea e vomito violenti; reazioni mediate da anticorpi anti-glutine della classe IgE); in tempi da brevissimi a brevi dall’ingestione degli alimenti contenenti grano. Importante sottolineare che le persone allergiche al grano non presentano aumentato rischio di celiachia.

La sensibilità al glutine non-celiaca, abbreviata SGNC, è una sindrome costituita da sintomi e segni intestinali ed extra-intestinali simil-celiachia, correlati con tutte le probabilità all’ingestione di alimenti contenenti glutine, in persone nelle quali si è già esclusa la presenza di celiachia e allergia al grano. Si tratta di una sindrome idiopatica (non si conoscono le cause) su cui esistenza ancora oggi il mondo scientifico si esprime con diversi punti di vista, da chi la contesta a chi la sostiene vivamente ma tutti concordano sulla necessità di studi ulteriori e più approfonditi sull’argomento.

La dermatite erpetiforme, detta anche la celiachia della pelle, è una patologia cutanea estesa caratterizzata dalla comparsa, all’ingestione di prodotti contenenti glutine, di lesioni specifiche e distintive, di tipo eritemato-pomfoide, distribuite uniformemente sulle superfici cutanee estensorie, accompagnate da sensazione di prurito intenso e secchezza; le lesioni scompaiono progressivamente e la cute torna normale una volta eliminato il glutine dalla dieta.

La celiachia: i numeri e le statistiche 

Le stime dell’incidenza di malattia celiaca parlano dell’1% della popolazione mondiale, con pichi più alti nei Paesi industrializzati/sviluppati (forse anche per la rigorosità scientifica dei metodi diagnostici utilizzati). In età pediatrica, la percentuale si colloca tra 0.3 e 1.06, mentre negli adulti è tra lo 0.2 e 1.2; in Italia, nella Relazione preparata dal Ministero della salute per l’anno 2017, pubblicata nel dicembre 2018, si riporta che il ‘’numero di celiaci ha superato i 200 mila soggetti con un incremento medio annuale di circa 10.000 diagnosi’’; in generale, si stima che 1 su 100 dell’intera popolazione italiana ne soffre di malattia celiaca e simil-correlate (più di 500mila) , di cui 1 su 4 in attesa di diagnosi primaria e secondaria-differenziata.

Mentre nel passato la malattia celiaca era considerata marginale e di scarso impatto socio-sanitario, a iniziare dalla metà del XX secolo fino al giorno d’oggi la sua importanza continua ad aumentare, in gran parte per lo sviluppo dei metodi e tecniche laboratoristiche di diagnosi che permettono di evidenziarla con maggiore selettività ed oggettività.

Il glutine: cos'è e dove si trova

Con il nome di glutine è conosciuto il complesso proteico caratteristico dei semi di alcuni cereali come frumento (grano), orzo, segale, farro, altre varietà della famiglia Triticum. Chimicamente è composto da 2 frazioni proteiche:

Il glutine è responsabile della consistenza, sofficità ed elasticità degli impasti ottenuti con le rispettive farine; la quantità ed il grado di coesione delle proteine costituenti il glutine sono indice della qualità delle farine stesse (ad esempio, una farina 00 grano tenero deve contenere circa 7% glutine secco ed in relazione con grado di umidità, colore, residuo ceneri ecc).

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Il meccanismo che scatena le reazioni caratteristiche della malattia celiaca coinvolge il sistema immunitario e induce modifiche istologiche a carico della mucosa dell’intestino.

Per essere digerito, il glutine viene scisso in peptidi sotto l’azione di alcuni enzimi di cui le transglutaminasi intestinali: nei celiaci, hanno luogo reazioni immunologiche mediate dai linfociti T con produzione di anticorpi di tipo IgA e IgG diretti contro l’enzima transglutaminasi tissutale e contro i peptidi ‘’tossici’’ risultati dalla scissione della gliadina, con dànno diretto sulla mucosa intestinale che comporta appiattimento dei villi.

A lungo termine, si instaura un malassorbimento di micronutrienti (minerali, vitamine) e un deficit di alcuni enzimi soprattutto quelli situati sul’’brush border’’ delle cellule epiteliali della mucosa intestinale, deputati alla digestione degli zuccheri (come la lattasi).

Quali sono i sintomi e segni clinici della celiachia?

La malattia celiaca può presentarsi con un ventaglio di sintomi intestinali ed extra-intestinali, molto variabili ed eterogeni.

In base all’insorgenza dei sintomi e localizzazione, si può distinguere in:

-malattia celiaca major (tipica): dolore/crampo addominale, diarrea/steatorrea, gonfiore/distensione addominale; possono insorgere crisi acute con nausea, vomito, diarrea profusa; a lungo termine si instaura la sindrome da malassorbimento, che soprattutto nei bambini comporta inappetenza, deperimento, anemia, ritardi di crescita, lesioni della mucosa orale/difetti dello smalto dentale

-malattia celiaca minor (atipica): presenta sintomi da lievi a moderati in vari distretti dell’organismo; può irrompere in crisi acuta a manifestazione gastrointestinale a qualsiasi età in qualsiasi momento; comporta disturbi cronici dell’alvo, infiammazioni croniche della mucosa orale, anemia, cefalea, polineuropatia, osteopenia/osteoporosi, ritardo puberale, disturbi della fertilità

-malattia celiaca latente: ovvero non manifesta, in persone che presentano positività sierologica ma con mucosa intestinale sana con alimentazione libera; la probabilità che queste persone sviluppino celiachia conclamata è del 95-98%

Spesso la malattia celiaca è correlata ad altre malattie autoimmuni come il diabete tipo I, la psoriasi, la tiroidite autoimmune, la malattia di Sjogren, la sindrome Down.

La grande variabilità, sia come manifestazione che intensità, della sintomatologia rende difficile diagnosticare precocemente la malattia celiaca, motivo per cui è stata proposta la strategia del ‘’case finding’’, ovvero la ricerca della malattia a prescindere dalla presenza dei sintomi nelle persone considerate a maggior rischio d’insorgenza (i familiari stretti dei celiaci, o le persone affette da malattie autoimmuni consociate).

La diagnosi della celiachia: test e differenziazione

Ad oggi, si ritiene che dell’1% della popolazione mondiale, stima della prevalenza globale della malattia celiaca, solo 1 persona su 7 è stata diagnosticata correttamente; i dati enunciati dagli specialisti sono in progressivo aumento in tutto il mondo.

La malattia celiaca può colpire a tutte le età, indipendentemente da razza e sesso; sono più soggette le donne rispetto agli uomini.

La diagnosi della celiachia si esegue obbligatoriamente in fase di dieta libera (che presenta alimenti contenenti glutine), e consiste in esami del sangue particolari da effettuare sotto indicazione medica specialistica. I primi test consigliati sono il test di screening (il dosaggio degli anticorpi IgA totali e IgA anti-transglutaminasi tissutale) ed il test di conferma (il dosaggio degli anticorpi anti-endomisio-EMA-), tutti e due con altissima specificità e sensibilità (più del 93%).

Per una diagnosi differenziata tra celiachia e altre malattie con sintomatologia simile, e per valutare l’efficacia della dieta senza glutine nel tempo, si effettua il test del dosaggio degli anticorpi IgA ed IgG anti-peptidi deamidati della gliadina; soprattutto in età pediatrica.

Infine, sempre nell’ambito delle analisi del sangue specifiche, si esegue la valutazione dell’assetto genetico HLA, ovvero la presenza di una particolare variazione genetica che detta le condizioni di sviluppo della malattia celiaca (HLA alleli DQA1*0501/DQB1*0201), presente in oltre il 90% dei celiaci.

Per completare la diagnosi, il medico specialista indicherà di effettuare l’esame istologico: l’esofago-gastro-duodenoscopia e la biopsia duodeno-digiunale, che confermerà e valuterà la presenza del danno sulla mucosa intestinale e permetterà insieme agli altri esami eseguiti di differenziare la malattia celiaca da altre condizioni patologiche (come malattie autoimmuni o infettive, allergie alimentari, gastro-duodeniti croniche).

Questi esami specifici permettono di accertare la presenza della malattia celiaca, in modo particolare nei casi di difficile e dubbia diagnosi per la natura e l’entità della sintomatologia riferita dai pazienti. 

La cura della celiachia: la dieta ad esclusione del glutine

Ad oggi, l’unica cura valida per la malattia celiaca è rappresentata dalla dieta aglutinata (ad esclusione completa del glutine) seguita rigorosamente per tutta la vita.

Il progresso della ricerca scientifica ha permesso l’identificazione dei markers biologici della celiachia nonché dei segni caratteristici del danno istologico intestinale, in maniera da poter eseguire una diagnosi differenziata più precisa; tuttavia, in casi con sintomatologia border-line, lieve o moderata, ed in quelli che presentano condizioni patologiche sovrapposte (malattie autoimmuni, immunodeficit, allergie alimentari, malattie infettive) le analisi ed esami diagnostici specifici possono essere soggetti a rischio di falsi negativi o risultare inconcludenti: è fortemente consigliato di rivolgersi alle strutture specializzate per completare l’iter diagnostico, prima di iniziare qualsiasi tipo di dieta priva di glutine, che sarà impostata dallo specialista insieme alla sequenza del follow-up regolare.

Generalmente, il miglioramento della sintomatologia acuta avviene rapidamente, da 2 a 4 settimane dall’inizio della dieta senza glutine, e la scomparsa totale dei sintomi dopo alcuni mesi; il rifacimento dei villi intestinali invece può richiedere alcuni anni, in base all’entità del danno istologico, all’età della persona ed all’aderenza alla dieta.

In corso della dieta senza glutine, possono comparire segni di malassorbimento dei nutrienti dovuto alla restrizione alimentare: alterazioni del metabolismo dei lipidi, degli zuccheri e/o dei minerali-assetto calcio-fosforo, microelementi-, per le quali è necessario l’intervento dello specialista in nutrizione che indicherà le integrazioni nutrizionali specifiche e fornirà informazioni dettagliate qualitative/quantitative sugli alimenti nella dieta a lungo termine.

La dieta gluten-free

Al completamento dell’iter diagnostico, viene fornito un elenco completo degli alimenti consentiti nella dieta aglutinata (da consultare nel Prontuario AIC degli Alimenti*), in cui rientrano cibi naturalmente privi di glutine, alimenti formulati specificamente (in cui è stato tolto il glutine) insieme alle segnalazioni di possibili rischi di contaminazione durante i processi di lavorazione degli stessi alimenti; lo specialista curante può stillare una dieta gluten-free nutrizionalmente equilibrata e personalizzata in base ai fabbisogni e le esigenze individuali.

L’elenco degli alimenti consentiti nella dieta gluten-free a grandi linee comprende:

-cereali, farine: riso, mais, tapioca, quinoa, amaranto, miglio, tef, grano saraceno, sorgo, fonio; farine di soia, castagne, mandorle, nociole

-carne, pesce, uovo: sono permessi tutti i tipi ma sono da evitare i prodotti lavorati in conserva o additivati con farine (salumi, insaccati, hamburger, omogeneizzati, piatti pronti), per rischio contaminazione

-latte e derivati, inclusi i vegetali: tutti permessi, a parte gli additivati: omogeneizzati, addensati, con aggiunta di cereali o farine amalgamanti ecc

-frutta, verdura, legumi: tutti permessi, a parte i prodotti lavorati a conserva e/o additivati

La regola fondamentale da rispettare è l’assenza totale del glutine; l’osservanza costante di questa regola impone alla persona celiaca di essere sempre attenta agli ingredienti presenti negli alimenti da lavorazione industriale (prodotti di panetteria, latteria, salse/dadi/lieviti, condimenti additivati, cibi pronti ecc), di scegliere quelli apportanti la dicitura ‘’senza glutine’’ e di seguire le regole dietetiche consigliate dal nutrizionista.

Un ceno particolare va dato alla dieta senza glutine seguita come scelta di vita delle persone non celiache: la scienza non è arrivata ad una conclusione certa riguardo i benefici ed i vantaggi del gluten-free in questa categoria, visti i pochi studi e ricerche pubblicati sinora che potrebbero confermarne la vera efficacia.

Comunque, tutti gli specialisti concordano nello sconsigliare vivamente le diete e le restrizioni nutrizionali fai-da-te, per non andare incontro a carenze di elementi nutrizionali essenziali le quali potrebbero peggiorare un quadro sintomatico già di per sé problematico.

Per approfondire le possibili cause di una sintomatologia similare nel tratto gastro-intestinale e nei distretti correlati, nei casi in cui vi è stata accertata l’assenza della malattia celiaca, è possibile effettuare ulteriori indagini e test che evidenzino la presenza di uno stato infiammatorio della mucosa intestinale con le conosciute conseguenze (problemi di digestione, disturbi dell’alvo, stanchezza cronica, infezioni ricorrenti, disturbi del cavo orale ecc).

La sensibilità al glutine non allergica non celiaca, siglata SGNC, rappresenta un complesso di reazioni avverse al cibo direttamente correlate all’ingestione di alimenti contenenti glutine, nelle persone alle quali sono già state escluse sia l’allergia al grano che la malattia celiaca utilizzando la triade diagnostica di riferimento*.

Le caratteristiche ed i numeri della SNGC

La sensibilità al glutine non celiaca è una condizione patologica ad eziologia sconosciuta: ad oggi non esiste un marker biologico specifico, la diagnosi basandosi sull’esclusione delle altre patologie con sintomi similari (diagnosi differenziata).

Le stime parlano di una prevalenza molto variabile, dallo 0,5% al 6% del numero totale delle persone con sintomatologia intestinale ed extra-intestinale, dal punto di vista statistico essendo molto difficile inquadrare i numeri proprio per le problematiche inerenti la diagnosi.

Dai dati clinici raccolti fino ad oggi, circa il 50% dei casi ha presentato variazioni nei marker genetici specifici dell’intolleranza al glutine (gli aplotipi HLA DQ2/DQ8), quindi non significativo per la popolazione generale; in più, negli ultimi anni sempre più persone accusano insorgenza di sintomi intestinali ed extra-intestinali all’ingestione di alimenti che contengono oltre al glutine, una serie di molecole segnalate come scatenanti della sindrome dell’intestino irritabile (FODMAPs, ATIs, mono e polioli fermentabili); fatti che inducono a pensare all’infiammazione tissutale da accumulo di tossine come una possibile causa della sindrome SGNC.

I sintomi della SNGC

A livello gastro-intestinale, il quadro clinico è simile alla sindrome dell’intestino irritabile:

  • nausea,
  • dolori e crampi gastro-intestinali,
  • alvo irregolare,
  • reflusso gastro-esofageo,
  • afte e infiammazioni del cavo orale;

sintomi in altri distretti dell’organismo: dolori articolari, mal di testa, astenia e stanchezza cronica, mancanza di appetito, eruzioni cutanee.

La cura della sindrome dell'intolleranza al glutine non celiaca

Per ridurre la sintomatologia e far rientrare nella norma il processo di digestione degli alimenti, la cura della sensibilità al glutine non celiaca si basa sull’esclusione dalla dieta di tutti gli alimenti contenenti glutine; del tutto simile alla cura della celiachia.

Tuttavia non esiste un dato di riferimento per la dose tollerata di glutine né per quanto tempo bisogna seguire la dieta di esclusione; sono fattori estremamente variabili e individuali.

Nell’eseguire un’anamnesi completa, lo specialista curante osserverà il profilo alimentare individuale insieme alle condizioni cliniche e ambientali della persona e stillerà un piano di rientro della tolleranza basato sulla dieta completamente personalizzata con successivi controlli in sequenza (ogni 4-12-24 settimane o individuale).

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Allergie, intolleranze, infiammazione da cibo: quali sono le differenze?

 

Fonti:

*http://www.celiachia.it/HOME/HomePage.aspx

**http://www.igb.cnr.it/

researchgate.net

*Gluten-free diet and quality of life in celiac disease: Samasca G, Sur G, Lupan I, Deleanu D.
Gastroenterol Hepatol Bed Bench. 2014 Summer;7(3):139-4
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25120893

*http://www.celiachia.it

https://gi.org/ : Diagnosis and Management of Celiac Disease – Alberto Rubio-Tapia, MD

**Catassi C, et al. Non-Celiac Gluten sensitivity: the new frontier of gluten related disorders. Nutrients 2013;5:3839– 53.

 Sapone A, et al. Spectrum of gluten-related disorders: consensus on new nomenclature and classification. BMC Med 2012;10:13.

Volta U, et al. An Italian prospective multicenter survey on patients suspected of having non-celiac gluten sensitivity. BMC Med 2014;12:85.