L’ipotensione ortostatica, detta anche posturale, è la condizione che si verifica con il cambio repentino della posizione del corpo, da supina a eretta, ed è segnata da un abbassamento rapido della pressione arteriosa, di più di 20mmHg sistolica, oppure più di 10mmHg diastolica, od entrambe. Generalmente, questa condizione viene considerata tale quando la netta caduta della pressione arteriosa ed i sintomi ad essa associati compaiono con l’ortostatismo e si normalizzano tornando in clinostatismo. Non essendo considerata una patologia di per sé, tuttavia si impone la necessità di valutarla attentamente nel quadro più ampio dell’anamnesi generale, per scoprirne e correggerne le cause.
L’ipotensione ortostatica si verifica in 20% della popolazione anziana, più colpite essendo le persone in mono o politerapia farmacologica, che soffrono di ipertensione arteriosa, insufficienza venosa periferica, malattie cardio-cerebro-vascolari, diabete, malattie neurologiche; invece, nelle persone giovani, la stessa intolleranza all’ortostatismo induce la sindrome della tachicardia posturale autonoma, con sintomi analoghi tranne la caduta della pressione arteriosa.
Il meccanismo fisiologico di controllo dinamico dell’equilibrio pressorio vede coinvolti vari siti d’azione: l’azione di alzarsi bruscamente provoca uno stress gravitazionale tradotto per intenso e voluminoso afflusso sanguigno nelle vene di grande portata delle gambe e del tronco, con conseguente riduzione del ritorno venoso, quindi riduzione della gittata cardiaca e abbassamento della pressione arteriosa; successivamente, si ha una reazione rapida del sistema nervoso simpatico per aumentare la frequenza e la contrattilità del cuore, nonché il tono motorio dei grandi vasi sanguigni, insieme ad una reazione di inibizione parasimpatica con il risultato di incremento della frequenza cardiaca; continuando a rimanere in posizione eretta, si attivano il sistema renina-angiotensina-aldosterone ed il rilascio di vasopressina, avendo come risultato la ritenzione idrosalina e normalizzazione del volume ematico circolante.
Normalmente, la variazione clino/ortostatica della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca passa inosservata, senza il manifestarsi di alcun sintomo. In determinati casi, invece, si assiste ad uno scarso controllo dei meccanismi omeostatici di ripristino della pressione sanguigna, dovuto ad uno o più disturbi correlati (insufficiente reazione del sistema nervoso simpatico, disfunzioni d’organo (cuore, rene), pregressa ipovolemia, insufficiente risposta dell’asse ormonale). Le cause sono individuabili in base alla tipologia e durata dei sintomi; si parla generalmente di ipotensione ortostatica acuta quando dovuta a ipovolemia, riposo prolungato a letto, assunzione/somministrazione di determinati farmaci o insufficienza surrenalica; e di ipotensione ortostatica cronica quando invece è dovuta a variazioni patologiche nella regolazione della pressione sanguigna, terapia farmacologica cronica, o stato di disfunzione autonomica peggiorativa in relazione all’età.
Frequentemente si riscontra anche l’ipotensione ortostatica post-prandiale; è una condizione che si verifica soprattutto dopo pasti abbondanti e ricchi, specialmente in carboidrati e zuccheri, probabilmente come risposta all’azione dell’insulina e all’aumentato afflusso sanguigno nel tratto gastro-intestinale, richiesto per il processo di digestione; l’assunzione concomitante di alcol peggiora ulteriormente il quadro clinico.
I sintomi riscontrati sono diversi come intensità e durata e scompaiono quando si torna in posizione supina, meglio ancora con la testa e le spalle leggermente innalzate su un cuscino. In generale, si accusano debolezza, vertigini, visione offuscata, perdita di equilibrio, confusione e più raramente obnubilamento, sincope o convulsioni generalizzate; i sintomi cronici possono essere esagerati dall’esercizio fisico pomeridiano o dai pasti pesanti serali.
La valutazione globale dell’ipotensione ortostatica consiste nel controllo delle patologie croniche con le eventuali terapie farmacologiche attuate, con riferimento alla tipologia e dosaggio dei farmaci (particolare attenzione andrà posta per i farmaci antipertensivi vasodilatatori, diuretici, alfa-bloccanti; antidepressivi; barbiturici; IMAO); il medico indicherà gli esami e le analisi di approfondimento, per le eventuali cause neurologiche o neoplastiche (un segnale d’allarme è rappresentato dalla segnalazione di sangue nelle feci).
Come esame obiettivo, la misurazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca è utile per una prima valutazione globale; la misurazione avviene in sequenza: si esegue la prima rilevazione in posizione supina e poi ad un intervallo di 1 minuto e rispettivamente 3 minuti in posizione eretta (o in alternativa, da seduti con le spalle dritte); i risultati sono indici di base del tipo di disfunzione pressoria. Le analisi di routine comprendono la valutazione della glicemia e degli elettroliti plasmatici nonché l’elettrocardiogramma o, in casi specificamente indicati, l’holter pressorio.
Come già detto, il rischio di sviluppare la condizione di ipotensione ortostatica è aumentato nelle persone affette da malattie cardio-vascolari od endocrine (in special modo il diabete). Le linee guida ESH-ESC, applicate anche in Italia, raccomandano fortemente la misurazione domiciliare della pressione arteriosa, come strumento integrato alla misurazione specialistica ambulatoriale, della cura e prevenzione delle malattie cardio-cerebro-vascolari; a tal fine si possono utilizzare gli sfigmomanometri disponibili in commercio, validati e certificati in conformità alle leggi in vigore a livello nazionale ed internazionale.
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